domenica 4 marzo 2018

«IL FILO NASCOSTO» * (INQUIETANTE) STORIA D'AMORE E SARTORIA

Daniel Day-Lewis e Vicky Krieps ne «Il filo nascosto» («Phantom Thread»).
Londra, Anni 50. Daniel Day-Lewis è un sarto così misogino, perfettino e insopportabile, che per metterlo bene in chiaro la produzione gli ha dato lo stesso doppiatore italiano di Tim Roth. Insieme con la sorella, il genio sforna costosi abiti che sono capolavori, ma è intrattabile, e non riesce a costruire un rapporto normale con le donne. Qualcosa cambia quando mister simpatia incontra la dolce ma sotto sotto energica cameriera Vicky Krieps, che pian piano s'insinua nella sua vita. Ci amiamo (oppure no?), ma siamo così diversi... Come si fa? Convivere con una sorta di beautiful mind della moda non è così semplice. Così, tra una sfilata e l'altra, la nostra studia l'avversario e si mette al lavoro con astuzia per provare a trasformarne l'indole.

Candidato a sei premi Oscar (merita più de «La forma dell'acqua» perché la trama brilla per originalità), «Il filo nascosto» si regge sull'incontenibile bravura di Daniel Day-Lewis. Uno che fa un film ogni dieci anni, campando comunque egregiamente, e che potrebbe dare enfasi epica anche alla lettura del bugiardino dei medicinali. Misurate e in parte anche le altre due comprimarie, in una pellicola raffinata (e ci mancherebbe altro), curata nei dettagli, ma un po' debordante nei tempi. Se Paul Thomas Anderson (quello di «Magnolia») l'avvesse accorciata di almeno 20 minuti, avrebbe pressato con minor intensità sugli zebedei dello spettatore. Che ne uscirà comunque esteticamente appagato. Il cinefilo ortodosso in particolare.
VOTO: 8/9

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