lunedì 17 maggio 2010

«ROBIN HOOD» * LA FRECCIA CHE NON UCCIDE, MA ADDORMENTA

Inghilterra, XIII secolo. L'appesantito arciere Robert Longstride (Russell Crowe) combatte senza paura contro la cellulite e nell'esercito di Riccardo I, ma il sovrano illuminato viene ucciso in combattimento. Sir Loxley si incarica di riportare a casa la corona del re per annunciarne la morte, ma il drappello dei suoi uomini rimane vittima di un'imboscata. Longstride soccorre Loxley, riporta la corona e promette al cavaliere morente di riportare a suo padre lo spadone di famiglia. Simbolo fallico quant'altro mai.
Sai la sorpresa quando, arrivato a Sherwood, Robert scopre che Loxey ha lasciato una grintosa vedovella (Cate Blanchett) che andrebbe risposata pena prossima perdita di tutti i terreni di famiglia, peraltro già saccheggiati.
Intanto sale al trono Giovanni Senzaterra (Oscar Isaac), uno stronzone di prima categoria, che - oltre a voler spremere i sudditi di tutto il regno con tasse assurde - licenzia i dignitari di corte fedeli e si serve di personaggi infidi (Mark Strong), pronti a tradirlo con i nemici francesi. Oddio, bisogna unirsi per salvare la patria, anche se Johnny non lo meriterebbe.

Oltre alle nobili ragioni produttive, bisognerà prima o poi indagare sugli oscuri motivi che impongono a Ridley Scott di realizzare solo e soltanto film con Russell Crowe, sia egli gladiatore, affarista pentito novello vignaiolo o arciere di Sherwood. Detto questo (che prima o poi andava detto), il film è senza dubbio un'americanata, almeno nel secondo tempo, rutilante di sangue e spade. Il primo scorre troppo lento, fra sbadigli e attori che viaggiano col pilota automatico. Non è male l'idea di leggere e reinterpretare la leggenda di Robin Hood prima delle note scorribande della serie togli ai ricchi per dare ai poveri, ma ci si poteva aspettare molto di più. Scenografia e costumi, comunque, sono splendidi.
L'impressione di fondo, purtroppo, è che ormai ci siamo giocati anche Ridley Scott. VOTO: 6.5

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