domenica 9 maggio 2010

POVIA * «LE POLEMICHE? CON UN PO' DI FURBIZIA, BEN VENGANO»

Ho iniziato a scrivere un brano sulla storia di Eluana Englaro, e lo vorrei presentare al prossimo Festival di Sanremo. A questo proposito, però, ora preferisco non dire altro».
Povia non si ferma. E prima di ritirare, al Forte di Bard, in Val d’Aosta, il «Premio Mogol 2009» per la sua «Luca era gay», riconoscimento che dal 2008 viene assegnato dall’illustre paroliere al più bel testo canzonettistico dell’anno, l’uomo di «Quando i bambini fanno oh» sorride beffardo e attacca: «Questo premio è l’ennesima dimostrazione di quanto i giornalisti - la stampa musicale -, non contino niente. Ma di loro, non mi è mai importato. I critici mi hanno attaccato per due mesi prima di Sanremo ragionando solo sul titolo di questa canzone. Ho deciso di non parlare e loro, imperterriti, continuavano il massacro, interpellando colleghi che, pur non sapendo nulla, prendevano le distanze da quel brano. Che poi è arrivato secondo al Festival, ha vinto il premio della critica e ora quest’altro, graditissimo riconoscimento. Morale? I giornalisti non contano, non influiscono sui giudizi del pubblico. Sono gli stessi che a Sanremo ti danno due o zero in pagella, e poi magari quando ti incontrano dietro le quinte ti dicono: “Meno male che c’eri tu, sennò non avremmo saputo che cosa scrivere”. Della serie: ti massacro in campo, ma amici nello spogliatoio».


La canzone di Povia viene stroncata dalle associazioni omosessuali, che parlano di un brano «orrendo», «penoso», furbo e strumentale, «esempio di omonegatività». E Luxuria attacca direttamente Mogol: «Meglio le frasi dei Baci Perugina. Premiando quella canzone, Mogol rinnega i suoi testi».
«Per me questi signori sono impazziti» commenta lo storico autore di Battisti. «Pretenderebbero di imbrigliare la poesia, la creatività. Che è libertà, prima di tutto. Forse vorrebbero che si chiedesse loro l’autorizzazione, prima di scrivere una canzone. Penso che queste associazioni in Italia abbiano fatto gli stessi danni che ha fatto certo sindacalismo spinto: all’inizio, buoni propositi e ottime cose. Poi, molte aziende allo sfascio. Nel giudicare la canzone di Povia non ho avuto altro criterio che la lettura del testo. Poetico, toccante. Una storia che se non è vera, è verosimile. Mi ha conquistato. Punto».
Gli altri brani in gara erano: «Egocentrica» (Simona Molinari); «Tutto l’universo obbedisce all’amore» (Franco Battiato); «Il paradiso dei calzini» (Vinicio Capossela); «A te» (Jovanotti) e «Sincerità» (scritta per Arisa dal fidanzato Giuseppe Anastasi). La canzone premiata dai lettori di «Sorrisi» è invece «Figlio di un Re», di Cesare Cremonini, assente al gala di premiazione, in onda su Raiuno e diretto con inusitata passione da Duccio Forzano.
Si dibatte, intanto, sull’approccio di Povia alla musica. Il cantautore non fa mistero di lavorare con «un team di cinque persone attente, che seguono blog, giornali e sono esperte di comunicazione». E ammette: «Non me ne frega niente delle polemiche: anzi, con un po’ di furbizia, ben vengano». Fatto sta che quei suoi brani ispirati all’attualità vengono considerati da qualcuno l’esempio tipico di una prosa scritta a tavolino al preciso scopo di arrivare alla pancia del pubblico. «D’accordo le canzoni d’amore, e tutto quel che segue» ribatte lui. «Eppure scrivere questi pezzi che affrontano tematiche sociali, mi piace. L’ho fatto spesso in passato e lo farò ancora. Nel 2003 firmai un brano sull’anoressia perché il problema toccava direttamente mia sorella. Poi lei aprì un blog per aiutare le ragazze che le scrivevano. La mia ispirazione, però, è sempre genuina, non strumentale, ve lo assicuro. Amo provocare? E se fossero invece gli altri a doversi svegliare?».


(TV SORRISI E CANZONI - LUGLIO 2009)

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