domenica 9 maggio 2010

LA VERA ARISA RACCONTATA DA DIETRO LE QUINTE

Se non ricorda chi sei dopo che t’ha incontrato appena due volte nella bolgia del retropalco di qualche evento musicale, alla terza occasione abbassa un filo gli occhi, visibilmente imbarazzata, si avvicina al tuo viso, e con quella vocetta annaffiata nello slang potentino, dice: «Ma mi sa che io e te ci conosciamo già! Scusami tanto tanto, ma a volte arrivo in un posto, non so niente, e so’ un po’ rintronata. No, perché la memoria fotografica ce l’ho davvero, sai? Quando facevo la cameriera al “Loolapaloosa”, a Milano, con 300 clienti abituali, mi bastava vederli una volta o due per ricordare subito la loro ordinazione, senza dovergliela più richiedere».

Visto dal backstage, il meraviglioso mondo di Rosalba Pippa, in arte Arisa, è un concentrato di stupori e simpatia, camminate e sguardi d’intesa col suo ragazzo, Giuseppe Anastasi, autore di «Sincerità». Imperdibile, il loro approccio al buffet. «Speriamo che non mi veda il mio fidanzato mentre me sto a strafogà» dice addentando una fetta di pane alle noci. «Mi rimprovera sempre. Poverino, lui sopporta ma da quando stiamo insieme mi sa che so’ ingrassata 10 chili...». Lui arriva, sente l’ultima frase e la tranquillizza: «Mannò, dai...». Poi incalza: «Sì, ma che mangi?». «Questo!» fa lei indicando il pane. Anche Giuseppe assaggia, si fissano intensamente negli occhi. Pochi romatici secondi di silenzio, poi il muto, contemporaneo verdetto: no, fa cenno lui scuotendo la testa e stropicciando le labbra; no, fa cenno lei col capo chiudendo gli occhi e abbassando lo sguardo. Sembrano la giuria di un concorso enogastronomico. Solo, con la premura di non risultare scortesi. La stessa scena si ripete col sanguinaccio, e anche questo non passa l’esame sguardo d’intesa. Si salvano, forse, le tartine. Alla fine, però, lei non si trattiene e chiosa con un liberatorio: «Comunque, se vuoi magnà bbbene veramente devi venì al paese mio. Te faccio vedé...».


Vestita sempre - in scena - come una bomboniera rétro, Arisa ammette: «È l’abbigliamento che preferisco, sul palco. Nella vita di tutti i giorni, invece, mi basta una tuta». Gli occhialoni neri (che chi scrive è riuscito a farle togliere per la prima volta) sono - pare - un suggerimento della commissione artistica di Sanremo Lab. E se passa una fascinosa addetta stampa che indossa eleganti «harem pants» (pantaloni arabeggianti a sbuffo) presi «non in boutique ma da Zara», lei li nota e commenta: «Belli questi! Ne ho avuti un paio pure io. Altroché Zara, io la roba la prendevo sulle bancarelle al mercato del paese. Ma quella da 5.50 euro la scartavo. A volte non andavo oltre i 3.50». Già, i soldi. Se, scherzando, mentre si dedica agli autografi, le chiedi di firmare piuttosto un assegno, visto che ormai se lo può permettere, lei rintuzza: «Sono famosa ma non sono ricca. Macché assegno: io ho ancora ancora tanto da pagà». Piccola pausa, poi aggiunge: «E comunque, se dobbiamo ragionà così, a questo punto mi aspetto che anche tu quando diventi famoso mi regali dei soldi». E ti ha già steso.
Per altri trionfi musicali, ci sarà tempo, con la consapevolezza che quello che verrà dopo il botto sarà «il difficile secondo album», come dicono gli americani. «Lo so, lo so. Ma sto facendo di tutto per non deludere. Con Giuseppe stiamo lavorando a molti pezzi nuovi e a uno molto bello in particolare che vorremmo portare al prossimo Sanremo. Do sempre il massimo: lo facevo quando ero estetista, e lo faccio ora che sono cantante».

(TV SORRISI E CANZONI - GIUGNO 2009)

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