sabato 2 maggio 2020

RISCHIO CORONAVIRUS A MILANO * SI PARLA POCO DELLE COMUNI DI STUDENTI

Milano. Appena rientrato col cane dopo la rituale passeggiata serale: il solito giro dell’isolato fatto con mascherina chirurgica.
Da lontano vedo che davanti al mio portone c’è un’ambulanza con i lampeggianti accesi. Sarà stato male il vecchio portinaio? Mi avvicino, e dal mezzo scendono due operatori sanitari: un tizio che stava seduto al posto del navigatore, protetto lo stretto necessario, e un’operatrice che sbuca dal retro con tuta bianca e occhialini, bardata “ermeticamente” da capo a piedi come nel film «Contagion», che guarda caso stasera davano su Canale 5 per distrarre un po’ le genti. Giusto, no? Vorrai mica parlare solo di epidemie letali!
Intuisco che stanno davvero entrando nel mio cortile, ma avanza la donna da sola. Per educazione, pur mantenendo le distanze, le trattengo la porta di legno massiccio, che ho appena aperto con le chiavi a mappatura. “Grazie ma lei entri, vada, è meglio che vada”, mi fa con aria grave.
All’interno, ad aspettare nell’androne aperto, ci sono due studenti con mascherina bianca FFP2. Uno, quello sano, accompagna l’amico dolente, che si avvicina camminando incerto, bianco come un cencio e con gli occhi lucidi. Avranno avuto 25-27 anni, non di più. E la cosa mi ha fatto un po’ impressione, devo ammetterlo.
Il mio cortile è rinchiuso da 4 palazzine. Tre un po’ più nobili (per modo di dire) si affacciano sull’interno; una sulla strada. E quella vecchia palazzina mai ristrutturata che dà su strada è piena zeppa di comuni di 4-6 studenti universitari che vengono dall’Italia e dall’Europa. Micro comunità o micro focolai forzati e potenziali, se vogliamo, ai quali mi è capitato spesso di pensare in questi mesi. Se ne parla troppo poco, secondo me.
Che sia (anche) per questo che la città fatica a scendere nella graduatoria dei contagi? Comunque sia, se sono costretti a ospedalizzare dei 25enni, anche i pischelli hanno veramente poco da scherzare.

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