domenica 21 ottobre 2018

«SOLDADO» * OK, MA SMETTETELA DI FARE FILM CHE SEMBRANO SERIE TV

Benicio Del Toro in «Soldado».
La CIA ha un diavolo per capello in quanto nella lotta al narcotraffico si è aggiunto un nuovo ramo d'impresa. In Texas, fra il Messico e gli Stati Uniti, i cartelli della droga fanno passare il confine nascostamente a molti poveracci in cerca di una vita migliore ai quali si mescolano talvolta pericolosi terroristi. Così non va, dice il Presidente: questi si fanno saltare in aria nei supermercati. Idea: rapiamo la figlia di un boss, facciamo credere che sia stato il cartello concorrente, e li mettiamo in guerra fra loro. Per mettere in atto il segretissimo piano l'agente federale Matt Graver (Josh Brolin) recluta una squadra con licenza di uccidere capitanata dall'amico Alejandro (Benicio Del Toro), al quale i narcos anni prima sterminarono la famiglia. Sequestrata la ragazzina tutto pepe, non sono rose e fiori perché qualcuno ha fatto il doppio gioco. E le carte sul tavolo, così come le regole d'ingaggio, rischiano di cambiare strada facendo.

Un cast di primordine

Con gente come Brolin e Del Toro da dirigere (senza trascurare la piccola Isabela Moner, che cresce fra l'altro molto bene) verrebbe con tutti i crismi anche un B movie con Bombolo, buonanima. Figurarsi un prodotto ben rifinito e costoso come questo, seguito ideale di «Sicario». Azione e costruzione della trama si bilanciano con cura, e Del Toro in alcune scene è davvero un mostro di bravura. Il regista, l'italiano Stefano Sollima, in trasferta a Hollywood, è uomo d'esperienza, e porta il nobile marchio di fabbrica di «Romanzo criminale» (la serie) e «Suburra». Ovvero prodotti di qualità per un pubblico vasto. Cose rare in Italia. Esportarlo è motivo d'orgoglio.

Il difetto: l'eccessiva serializzazione

Resta però l'amaro in bocca sotto finale. Un finale più che mai aperto, sospeso, che riporta con decisione al mood della serializzazione televisiva. D'accordo che le idee scarseggiano. D'accordo che questo è già (di fatto) un secondo capitolo di una sorta di saga, ma perché creare nello spettatore l'obbligo morale della visione di tutto il blocco? I film che nascono già per avere per forza un seguito (come questo) puzzano di bruciato più delle bombe che fanno saltare in aria set e figuranti. Altrimenti si fa una serie, la si piazza su Netflix, Sky o Amazon Prime Video, e siamo tutti felici e contenti. Primo fra tutti l'incolpevole spettatore, che non si sente troppo preso in giro.
Voto: 7 e 1/2

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