venerdì 20 settembre 2019

DELUDE «EUROGAMES» * BLASI, ALVIN E IL SONNIFERO SENZA FRONTIERE

Ilary Blasi e Alvin alle prese col deludente «Eurogames».
Il saluto d'esordio di Ilary Blasi è già involontariamente disvelante: «Benvenuti a questa edizione di Eurogames». Manco lei, che lo conduce, insieme con Alvin, se l'è sentita di dire «prima edizione». Dandone come freudianamente improbabile un seguito, mi viene da pensare. Il riscontro Auditel è stato di 3.068.000 spettatori con il 16% di share. Deludente, ma sempre un lusso: visto il prodotto, temevo peggio. Ma alla prima puntata c'è l'effetto curiosità; per le prossime la strada è in salita.

Perché Canale 5 abbia deciso di rimettere mano a un clone del glorioso «Giochi senza frontiere», non è dato saperlo. Forse per testare qualcosa di rassicurante, "vecchio ma nuovo", in un palinsesto ammuffito che è tutto un fiorire di già visto, di trash e format stantii e spesso imbarazzanti che si trascinano da lustri. Il problema è che toccare i gioielli della tv che fu, porta male. Ne sa qualcosa la Rai, che ha resuscitato, con i risultati che sappiamo, sia «Portobello» che «Rischiatutto», per citarne un paio.

«Eurogames» parte male, e già nei primi 15 minuti allo spettatore viene a mancare la motivazione per proseguire la visione. Si affoga spesso nella noia, il primo gioco (quello delle mozzarelle, un biglietto da visita) fa pena. Molto più efficace il secondo, la scivolosa passerella assassina, che arriva però a più di venti minuti dall'inizio. Il fil rouge (un classico dei classici) è davvero brutto, confuso e male illuminato, e per giunta, per sua natura, si ripete. Yuri Chechi, che eredita il testimone di Gennaro Olivieri e Guido Pancaldi, è simpatico come una lavatrice in prelavaggio. E non parliamo poi del montaggio, estremamente impreciso, e dell'imbarazzante sonorizzazione, che rende tutto più artefatto.

Abbondano gli inutili totaloni (forse un dovuto omaggio alla location, il parco dei divertimenti di Cinecittà World?), manca un focus più ammiccante sui concorrenti più interessanti, e il gioco più avvincente arriva alla fine, quando gli spettatori sono già scappati tutti. O quasi. Manco la tecnologia aiuta: le Go-pro montate sui caschetti dei concorrenti (che all'epoca ovviamente non esistevano) non aggiungono nulla alla visione.

E poi c'è il problema di fondo, quello che sta nel manico, non essendo né un difetto autorale né di conduzione: «Giochi senza frontiere» all'epoca fu diretta e soprattutto epicità (che oggi non può più esistere), la gara fra nazioni stressata a dovere e realmente sentita dal pubblico, non ridotta a un giochetto parrocchiale fra battutine sceme. Ma i tempi cambiano, e di questo non si può fare una colpa a Mediaset.

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