martedì 6 marzo 2018

QUELL'INCREDIBILE SETTIMANA NELLA SPA CON BEPPE GRILLO

Da sinistra, Franco Bagnasco e Beppe Grillo.
E dai, basta: sfatiamo una volta per tutte questo vecchio e trito luogo comune dei giornalisti che saltano sempre sul carro del vincitore!

Scherzi a parte, questa è una foto (del 2007, tempi non sospetti) alla quale sono molto affezionato.
Scrivo di spettacolo da 30 anni, e Beppe l'ho sempre considerato il più grande comedian di casa nostra. Come ho riso ai suoi spettacoli (li ho visti tutti, l'ho intervistato più volte), mai nella mia vita. Soprattutto quando i testi li scriveva con Michele Serra.
Sul fronte politico ovviamente non sempre ho condiviso le sue scelte e alcuni modi, ma quelle sono questioni squisitamente personali. Nulla si può togliere alla debordante grandezza dell'uomo di spettacolo.

L'aneddoto. Prenotai una settimana in un centro benessere zen style a Limone sul Garda e - senza che ci fosse alcun accordo preventivo - mi ritrovai per caso fra i clienti Grillo, che all'epoca era poco più che agli albori del Movimento 5 Stelle. Con la genialata di Casaleggio di ingaggiarlo di fatto come testimonial politico. Cosa che lui non si impegnava neppure tanto a nascondere. La considerava piuttosto un prolungamento della sua carriera sul palcoscenico.

Passai un'esilarante settimana fra saune, massaggi e dieta ferrea, insieme con un'altra ventina di clienti, in forzata, lieta coabitazione con l'entertainer per antonomasia. Lo ricordo indispettito per una dichiarazione anti-grillina fatta dall'amico Gino Paoli al Tg3. Conoscendolo da una vita, l'aveva presa un po' sul personale. Ricordo di averlo anche criticato con franchezza per alcune posizioni prese, che secondo me danneggiavano l'immagine del M5S. Col senno di poi, ho l'impressione che un po' mi abbia dato retta.
Per il resto, ho riso come uno scemo per sette giorni e avrei voluto che quell'esperienza alla «Amici miei» non finisse mai.

Avevo le lacrime agli occhi quando ci ritrovavamo lì tutte le mattine, in zona massaggi, dove è stata scattata questa foto, e lui (che era venuto con un amico ligure riparatore di barche in legno) si sedeva in sala d'aspetto tormentando le altre clienti un po' agée: «Ma lo sa, signora, che adesso fanno quest'intervento di sbiancamento anale che è una manna dal cielo?».

lunedì 5 marzo 2018

ELEZIONI POLITICHE * LA LEGA SFONDA AL NORD, I 5 STELLE AL SUD, E RENZI AFFONDA IL PD

Da sin., Luigi Di Maio, Matteo Renzi e Matteo Salvini.
Non voglio arruolarmi tra coloro che prevedono ciò che è già accaduto (bella forza), ma questo risultato era l'unica cosa che ci potessimo aspettare. Perché:

Matteo Renzi ha portato al successo e poi al tracollo il Pd per egocentrismo, non togliendosi di mezzo come avrebbe dovuto saggiamente fare (e a lungo) dopo la figuraccia al referendum costituzionale. Da lì in poi non ha più azzeccato una mossa. Inoltre, e in primis, questo Paese ha poca memoria ma ti distrugge quando tu prometti in favore di telecamera: «Se perdo lascio la politica», e una volta perso non te ne vai. L'odio nei confronti della casta attaccata alla poltrona oggi è tale tanto che una frase del genere resta come un peccato che non puoi farti perdonare.

Paolo Gentiloni si è mosso spesso bene e con misura, ma aveva dietro la schiacciante ombra nefasta di Matteo da Rignano.
È come governare con una mano sola, facendo continuamente gli scongiuri. Becchino in pectore.

Grasso, Boldrini, D'Alema e Bersani, ovvero quelli che: Matteo, ci hai tolto il potere e noi (tiè) fondiamo un altro partito, sono attorno al 3.3%. Hanno spostato pochissimo. Vuoi perché la gente si è stancata di queste operazioni di ripicca, vuoi perché sono dinosauri della politica. E c'è voglia di cambiamento. Le file ai seggi lo dimostravano.

Luigi Di Maio ha approfittato di un Beppe Grillo che si faceva da parte (stanco di fare il testimonial) per riposizionare i suoi. Da Movimento di protesta a formazione che (soprattutto negli ultimi tempi) ha dimostrato tanta voglia di provare a governare. Sui risultati, vedremo. Da non dimenticare: i 5 stelle sono gli unici che restituiscono parte dei soldi del loro appannaggio allo Stato (sarà demagogico, sarà marketing, ma intanto sono gli unici a farlo, e a questo l'elettorato è molto sensibile, visto il suddetto odio per chi vive di politica). La voglia di cambiamento, la voglia di metterli alla prova era tanta, e ha premiato più che mai. Pur con tutti gli errori commessi, erano ancora politicamente vergini. La promessa del reddito di cittadinanza ha fatto il resto. P.S. Del fatto che Di Maio sbagli i congiuntivi, agli italiani, come s'è visto importa poco.

Giorgia Meloni ha fatto la sua parte con lucidità e Matteo Salvini ha combattuto come un leone (ricorrendo anche ai mezzucci, come il vangelo e il rosario in piazza) l'unica partita che gli interessava veramente vincere: quella contro un Silvio Berlusconi che ha perso il magic touch, riuscendo così ad accaparrarsi la leadership nel Centrodestra.
Il leit motiv salviniano è tutto giocato su sicurezza e anti-immigrazione, quella che - piaccia o no - per molta parte del Paese è e resta una ferita aperta. E al Nord, com'era facilmente prevedibile, ha sfondato il muro.

Alla luce di tutto questo, con Nord e Sud perfettamente spaccati (il primo alla Lega, il secondo al M5S, primo partito) mi pare impossibile che non avvenga un apparentamento tra questi due schieramenti, con probabile incarico a Di Maio che recluta Salvini.

domenica 4 marzo 2018

«IL FILO NASCOSTO» * (INQUIETANTE) STORIA D'AMORE E SARTORIA

Daniel Day-Lewis e Vicky Krieps ne «Il filo nascosto» («Phantom Thread»).
Londra, Anni 50. Daniel Day-Lewis è un sarto così misogino, perfettino e insopportabile, che per metterlo bene in chiaro la produzione gli ha dato lo stesso doppiatore italiano di Tim Roth. Insieme con la sorella, il genio sforna costosi abiti che sono capolavori, ma è intrattabile, e non riesce a costruire un rapporto normale con le donne. Qualcosa cambia quando mister simpatia incontra la dolce ma sotto sotto energica cameriera Vicky Krieps, che pian piano s'insinua nella sua vita. Ci amiamo (oppure no?), ma siamo così diversi... Come si fa? Convivere con una sorta di beautiful mind della moda non è così semplice. Così, tra una sfilata e l'altra, la nostra studia l'avversario e si mette al lavoro con astuzia per provare a trasformarne l'indole.

Candidato a sei premi Oscar (merita più de «La forma dell'acqua» perché la trama brilla per originalità), «Il filo nascosto» si regge sull'incontenibile bravura di Daniel Day-Lewis. Uno che fa un film ogni dieci anni, campando comunque egregiamente, e che potrebbe dare enfasi epica anche alla lettura del bugiardino dei medicinali. Misurate e in parte anche le altre due comprimarie, in una pellicola raffinata (e ci mancherebbe altro), curata nei dettagli, ma un po' debordante nei tempi. Se Paul Thomas Anderson (quello di «Magnolia») l'avvesse accorciata di almeno 20 minuti, avrebbe pressato con minor intensità sugli zebedei dello spettatore. Che ne uscirà comunque esteticamente appagato. Il cinefilo ortodosso in particolare.
VOTO: 8/9

sabato 3 marzo 2018

FASO AL MERCATO: «PERCHE' CON GLI ELII CHIUDIAMO? ERA DIVENTATO UN TOUR INFINITO»

Faso in tenuta da motociclista e il sottoscritto al mercato di quartiere.
Milano. Metti di andare il sabato mattina (ancora rintronato dopo una notte semi-vigile) al tuo mercato di quartiere preferito. Metti di essere lì, davanti alla bancarella a scegliere pomodori, insalata, patate, arance e quant'altro occorra per la tua scorta settimanale di fibre. Metti anche di voltarti a destra per caso e trovarti accanto non la rimbrottante sciura Elide, come al solito, ma il leggendario Faso, implacabile basso degli Elio e le Storie Tese. Con tanto di caschetto d'ordinanza da motociclista per il pimpante Nicola Fasani (così all'anagrafe), classe 1965.
Dopo una stretta di mano e l'espressione di stima infinita nei riguardi del grande, pluriennale lavoro di una band che ha saputo unire tecnica e sopraffina ironia, vuoi non farle due chiacchiere?

«Arrivedorci», il pezzo dell'ultimo Sanremo, inusuale e non del tutto capito. 
«Era un lentaccio» dice Faso «volevamo portare una cosa che spiazzasse anche quelli della Rai. Erano abituati a vederci fare sempre i pagliacci, su qual palco, e così abbiamo deciso di andarcene sparigliando le carte».

Lo scioglimento del gruppo, fissato inderogabilmente per il 30 giugno 2018. Si poteva continuare ancora? 
«Il fatto è» commenta il nostro «che da qualche tempo tra noi ormai lo chiamavamo il “Never Ending Tour”: non si smetteva mai di andare in giro a suonare, tutto l'anno. Solo formalmente si cambiavano giusto i manifesti tra la fine di uno e l'inizio dell'altro, ma era diventato di fatto il tour infinito. Un po' difficile da portare avanti. Ora abbiamo messo questo punto fermo, poi in futuro si vedrà»
Tra l'altro con un Elio sempre più orientato a muoversi da solista. «Ma quello non è mai stato un problema, anzi: la nostra regola ferrea, quella che paradossalmente ci ha consentito di durare così a lungo, è sempre stata l'assoluta libertà dei singoli di muoversi a piacere autonomamente, senza limiti».


giovedì 1 marzo 2018

VITA VISSUTA * QUANDO TUA MADRE PICCONA COL MESTOLO IL GHIACCIO DEL FREEZER


Milano. Per la settimana da convalescente è venuta a trovarmi mia madre dal paese («Così ti cucino un po' di brodo di carne e verdure cotte. Approfittiamone finché sono ancora al mondo», dice l'arzilla 75enne evocando sempre e da sempre lo spettro della dipartita). Tenera.
Si aggira per casa operosa tutto il dì e fa - di sua totale iniziativa, io non chiedo nulla - quei mille lavoretti, anche utili, che le passano per la testa. L'altroieri per esempio sentivo arrivare dal soggiorno-cucina un rumore tipo cantiere autostradale. Vado a controllare ed ella, usando un robusto mestolo in acciaio, grattava l'iceberg di ghiaccio che mi si era formato nel grande freezer. Le faccio notare che non è quella la procedura standard per scongelare, che rischia di fare un danno, ma la risposta è perentoria: «Non preoccuparti, so quel che faccio: raschio sopra, l'ho già fatto altre volte». Mi taccio. Torno a letto, il cantiere continua operoso e il donnino fatica non poco inginocchiandosi e lanciando talvolta qualche mezza saracca.

Passa un quarto d'ora e il rumore aumenta. Torno a controllare. La dolce mammina, a metà fra Jack Nicholson in «Shining» e un muratore bergamasco, col mestolo in mano, sta picconando con furia cieca gli ultimi pezzetti di ghiaccio sulla piastra del freezer, che ormai è arrivata a vivo. Vuole finire il lavoro. E in questo la capisco: sono un soldato. I lavori vanno sempre portati a termine.
Sono però molto preoccupato per il mio frigorifero; mi trasformo allora in severo esorcista, la benedico, e le intimo perentoriamente di fermarsi. Lei si oppone decisa («Non c'è problema»), ma io resto fermo sulle mie posizioni. Il demone esce pian piano dal suo corpo mentre le trattengo il mestolo.
Risultato: ieri mattina la resa dell'elettrodomestico (arrivato intonso alla bella età di 17 anni) ha iniziato a calare vistosamente, e in tarda serata il nostro ha cessato di vivere. Prima la zona frigo, poi quella freezer. Aprendo lo sportellone si vedeva la piastra a nudo e due buchetti dai quali sibilando usciva il freon. Ora sarà sepolto in terra sconsacrata.
Il confronto aspro che è seguito fra me e la signora Marilena (che per tre volte ovviamente ha tentato goffamente di negare le sue responsabilità: «Quel fischio veniva da un padellotto che avevi sul gas») era acuito dal fatto che l'imputata era stata più volte avvertita. Alla fine il crollo: «Che cosa devo dirti: te lo ripago!». Risposta: «Non voglio soldi. È andata così, amen, ma almeno ammetti la tua colpa». E anatemi percepiti anche in notturna: «Basta, finita, non tornerò mai più qui».
Stamane la genitrice si era placata, e il match si è concluso con questa frase da manuale: «Comunque ho agito per il bene. E tra l'altro sono sicura che quel frigorifero non sarebbe durato ancora a lungo». Appòsto.

MEMORIE DI UN DEGENTE: «SIGNOR BAGNASCO, LEI HA PROPRIO DELLE BRUTTE VENE, SA?»

Una sala operatoria con l'equipe medica al lavoro.
L'altroieri, poco prima di entrare in sala operatoria, il giovane infermiere (che di seguito chiameremo I) si avvicina al qui presente ex degente (di seguito D) coricato sul lettino, gli afferra il braccio sinistro e inizia la seguente conversazione:

I: «Certo signor Bagnasco se lo lasci dire: lei ha proprio delle brutte vene! Guardi qua».

D: «Definisca brutte. Vuol dire che non ci uscirebbe a cena?».

I: «Mannò, un po' ci sono, un po' no. Un po' le vedi, un po' no. Io adesso le devo mettere l'ago a farfalla per attaccarle la flebo. Poi da qui faremo passare anche altri liquidi, ma non riesco con queste benedette vene. Proprio brutte le sue vene, sa?».

D: «Eh, mi spiace».

I: Scrolla il capo mentre mi mette il laccio emostatico e inizia con indice e medio a picchiettarmi in più punti sull'avambraccio aperto. «Endovenosa, sorella?» (cit.) Poi mi buca (dolorosamente e lungamente), trafficando sull'ago a farfalla.

«Niente, non ci siamo proprio. Colpa delle sue brutte vene. Adesso glielo tolgo e proviamo sul destro».

D: «Non so che cosa dirle, non ho mai avuto problemi in passato in caso di prelievi di sangue e altri ricoveri».

I: Laccio emostatico, picchietta furiosamente e controlla.

«Qui già meglio, signor Bagnasco, qui a destra molto meglio. Però santo cielo che brutte vene: un po' profonde, un po' no. E poi irregolari, storte, strane, messe un po' a casaccio».

D: «Sono davvero mortificato. E dire che prima di uscire di casa le avevo messe tutte in ordine per non fare brutta figura con lei, ma dev'essere successo qualcosa durante il viaggio, si saranno sballottate».


INGRESSO IN SALA OPERATORIA, SIPARIO, SIGLA.

domenica 25 febbraio 2018

MIKE BONGIORNO: «QUANDO "SCHERZI A PARTE" MI CALO' UN ORSO SULL'AUTO»


Questa, tutta da ascoltare, è un'intervista molto vintage, che realizzai ai tempi de il Giornale alla buonanima di Mike Bongiorno. Il re del quiz raccontò della sua carriera, dell'autoironia (vera o presunta), e di quando fu vittima di alcune burle televisive. Una delle quali mai confessata e per la quale non firmò la liberatoria per la messa in onda. Veniva dal gruppo di lavoro di «Scherzi a parte», guidato da Fatma Ruffini.


domenica 18 febbraio 2018

«LA FORMA DELL'ACQUA» * L'AMORE È SENZA LIMITI SE SI È DIVERSI IN DUE

Una bozza di lavorazione di «The Shape of Water - La forma dell'acqua».
Stati Uniti, durante la Guerra Fredda. 
In una base militare viene nascosta una strana creatura marina ritrovata in Amazzonia: è per un terzo uomo, per un terzo pesce, e per un terzo Scilipoti.
Che cosa diavolo sarà questo mostro, si domandano gli scienziati americani, non senza la curiosità dello spionaggio russo.
Mentre le grandi menti lavorano (torturando spesso la creatura, per mano di un cattivone che ha la voce di Pino Insegno), una donna delle pulizie muta si intrufola in laboratorio, innamorandosi dell'essere indefinibile agonizzante e incatenato ma provvisto di rara sensibilità. 
Vuoi vedere che con l'aiuto del mio vecchio vicino, disegnatore pubblicitario sul viale del tramonto, studio un piano per rapire il mostro figo e portarmelo a casa?

Candidato a 13 premi Oscar (la protagonista, Sally Hawkins, è strepitosa) e definito «Il film per chi ama il cinema», «La forma dell'acqua» sta a metà fra l'apologo e la fiaba. Guillermo Del Toro, che cura allo spasimo ambientazione, luci e scenografie, sa che la vecchia ricetta, quando si cammina border line tra «La bella e la Bestia» e «Il gobbo di Notre Dame», non può non essere garanzia di successo.
È un film molto azzeccato sulla diversità, l'accettazione dell'imperfezione, il coraggio, l'handicap annientato dall'amore.
A proposito di acqua: una bottiglietta da mezzo litro di naturale al The Space costa 1,80 euro. Il film è senz'altro da rivedere, ma il prezzo anche.
VOTO: 8/9 

venerdì 16 febbraio 2018

FEDERICA PANICUCCI FUORI ONDA AL GIORNALISTA: «QUANDO A SETTEMBRE SARAI A CASA TUA...»

Federica Panicucci contro il collega di «Mattino Cinque»
Non sapevamo che Federica Panicucci avesse l'ambizione di decidere i palinsesti di Canale 5 e quali personaggi mandare in onda.
Non lo sapevamo sino a ieri, dopo l'ennesimo colpaccio di Antonio Ricci e di «Striscia la notizia», che - dopo il clamoroso caso della «Nana di m...» di Flavio Insinna, ormai quasi sparito dalla circolazione - ha pizzicato la conduttrice di «Mattino Cinque» protagonista di una scenata da backstage degna di entrare nella storia della televisione.

Il giornalista Francesco Vecchi, che si occupa del settore news del programma, non le restituiva la linea, e Federica bramava i suoi minuti di visibilità perduti. Da lì, fuori onda, invece di una sobria recherche proustiana, ecco un rosario di imprecazioni da parte della bella e grintosa (parecchio grintosa) cinquantenne di Cecina. Culminate con la frase dietro le quinte: «Testa di cazzo! Io i miei minuti li voglio recuperare, non mi rompessero il cazzo».
Il collega che ha sforato le ridà la linea scusandosi, ma la Panicucci, sempre credendo di non essere ascoltata, lancia la sua temibile fatwa: «Quando a settembre sarai a casa tua, forse ti dispiacerà un po' di più, vedrai...»
Auspicio? Minaccia? Fatto sta che Miss Sorriso è notoriamente molto amica di Silvio Berlusconi, e parole così farebbero tremare chiunque.

«Striscia» mostra da sempre (meritoriamente) i casi di quei personaggi che rivelano a volte una natura molto diversa da quella che mostrano in contesti pubblici. Sono molti più di quanti si possa immaginare. Intanto, smile Panicucci si è scusata. E Vecchi grazie a questa uscita boomerang della conduttrice si è guadagnato almeno un'altra stagione di «Mattino Cinque». O almeno si spera. Lo scopriremo a settembre.

ANCHE MILLY CARLUCCI (RISORSA RAI) STRITOLATA NELLA TV DELL'ORMAI VALE TUTTO

Milly Carlucci durante «Unomattina»
Vale tutto. Vale il colpo basso. Vale la porcata. Vale il dolore del povero cristo, ma all'occorrenza anche la lacrima della conduttrice di rango della propria scuderia. Non esistono più riserve protette in una tv che fa della sofferenza un tanto al chilo la propria cifra distintiva.

L'ultima vittima, com'è noto, è Milly Carlucci, costretta a ricevere in diretta a «Unomattina» da Franco Di Mare e Benedetta Rinaldi la notizia della morte, dopo lunga malattia, dell'amico e produttore Bibi Ballandi. Si poteva aspettare qualche minuto per comunicarglielo in privato, dimostrando maggiore sensibilità? Sì, si poteva. Si doveva. Si poteva evitare di farla intervistare più tardi (anche se era un tour già concordato per promuovere la nuova edizione di «Ballando con le stelle») da Eleonora Daniele? Sì, si poteva.

Milly Carlucci non è la sciura Peppina (con tutto il dovuto rispetto per la sciura Peppina) che si espone, tirata dentro  da Barbara D'Urso and friends a «Pomeriggio 5» o in altri scampoli della tv del dolore. Carlucci è uno strutturato, portante personaggio di Raiuno. Che non si è esitato a buttare nell'arena della lacrima, della fitta al cuore, col pretesto (sempre valido) di fare giornalismo e dare subito la notizia. 
Probabilmente Di Mare e Rinaldi non hanno saputo resistere all'istinto, ma la colpa è di chi quella notizia l'ha passata a loro in diretta, invitandoli a darla. Esponendo la Carlucci (primaria risorsa di rete) come carne da macello. Per finire su tutti i siti d'Italia in cinque minuti con la conduttrice in empasse. Tanto ormai vale tutto.


martedì 13 febbraio 2018

TUTTI GLI STUDENTI DI FISICA D'ITALIA INSIEME A PAVIA E MILANO PER IL «BiPLE» 2018

Il Ponte coperto di Pavia.
L'Associazione Italiana Studenti di Fisica (AISF) è un'organizzazione con finalità educative e senza fini di lucro che ambisce a riunire tutti gli studenti di fisica d'Italia. Conta più di 900 membri.
Ogni anno organizza eventi di carattere scientifico rivolti agli studenti e quest'anno per la prima volta, tra il 20 e il 24 marzo si terrà BiPLE, Biomedical Physics Lombard Event, una conferenza a tema fisica medica e biosanitaria che riunirà a Pavia e Milano studenti di fisica da tutta Italia. Il programma prevede una serie di conferenze tenute da ricercatori e professori delle due università e diverse visite guidate ai centri di ricerca (CNAO, LENA, IFOM, IEO e altri ospedali) che fanno del nostro territorio un punto di eccellenza nel campo della Fisica Medica.

Tutte le informazioni, gli enti patrocinanti e il programma dettagliato si trovano sul sito: www.ai-sf.it/biple.

È un evento senza dubbio rilevante, per molteplici aspetti, anche perché fatto da giovani per i giovani. E mira a far conoscere le potenzialità delle strutture presenti sul nostro territorio (come per esempio il CNAO) e le attività di ricerca che le nostre università stanno portando avanti con successo.

giovedì 8 febbraio 2018

SANREMO 2018 * L'IRONIA SUL WEB: BAGLIONI È BALESTRA O LURCH DEGLI ADDAMS?

Lurch degli Addams e Claudio Baglioni.
Baglioni e Sting.
Sting attacca il pezzo e Claudio Baglioni gli stringe la mano e poi si allontana con un enorme corno rosso anti-jella ciondolante dietro la schiena. Sicuramente uno tra i momenti trash più alti (da teche Rai) di questo Sanremo 2018. Che fa il paio con il deus-ex-machina che ieri sera camminava carponi sul palco con le testa infilata nel sedere di Pierfrancesco Favino. O «Questo piccolo grande amore» intonato con la guest Franca Leosini a mo' di Cochi e Renato.
Renato Balestra e Claudio Baglioni.
Insomma, la materia per le guittate quest'anno non manca.

E ovviamente l'ironia sui social, Twitter in particolare, si sta sprecando anche quest'anno. Il «dittatore artistico» sta al gioco. Aveva iniziato «Striscia la notizia» giocando sulla presunta somiglianza fra il divo Claudio e il ritoccatissimo Renato Balestra (accostamento che si è giocato anche Alfonso Signorini). Ma secondo me il portamento e il piglio (vedi foto sopra) spesso lo avvicinano di più all'imperturbabile e granitico Lurch degli Addams.
Silvio Berlusconi.
In materia di elezioni e promesse, visto lo scarso successo della sigla «Popopopò» (se non ho capito male subito tolta di mezzo dal patron Baglioni già a partire dalla seconda serata), poteva mancare il fil-rouge web di questi ultimi mesi con Silvio Berlusconi? Il leader di Forza Italia si impegna a restituire di tutto, compreso il caro vecchio stacchetto baudiano di Pippo Caruso: «Perché Sanremo è Sanremo».

mercoledì 7 febbraio 2018

SANREMO 2018 * BOOM D'ASCOLTI AL DEBUTTO, HUNZIKER CONDUCE, CANZONI BUONE MA NON MEMORABILI

Claudio Baglioni, Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino sul palco di Sanremo 2018.
11 milioni e 603 mila spettatori, con il 52,1% di share. Un botto d'audience senza precedenti per la prima serata del festivalone. Ma occhio alle prossime, esaurito l'effetto curiosità per la conduzione e senza Fiorello, a meno che non lo facciano diventare presenza randomica di questa edizione.

Michelle Hunziker regge (di fatto quasi da sola) la conduzione; ed è la scelta autorale non solo più saggia, ma obbligata. Il neofita Pierfrancesco Favino è la sorpresa, con un paio di numeri azzeccati. E Claudio Baglioni, che canta come un drago ma non è propriamente un brillantone, si aggira sul palco col piglio più di Lurch degli Addams che del «Dittatore artistico», come gli piace ricordare non appena gli è possibile.
Per fortuna c'è Fiore, che da solo potrebbe condurne 16, di Festival, e che forse tornerà sabato a rallegrare la compagnia, dove il brio (sorriso di Michelle a parte) latita un po'.

Le canzoni viaggiano in una media qualitativa più alta del solito, soprattutto sul piano testuale, ma senza grossi picchi. Senza il vero capolavoro destinato a restare.
Molte non sono da primo ascolto e alcune (decisamente buone) vengono immediatamente strapazzate dalla giuria demoscopica. Che come al solito livella al basso.

Dopo il retorico, indigeribile pistolotto iniziale di zio Claudio sulla musica, che fa allontanare stimo 3 milioni di spettatori, il decolleté della Hunziker riporta altrettante teste davanti al televisore. Si va di compensazioni, in questa prima serata di Festival di Sanremo 2018 che doveva finire, giurin giuretta, «a mezzonotte e mezza», e che invece ha sforato sino all'una e un quarto per garantire una share da primato puntualmente arrivata. Con tanto di sigletta finale baglioniana (il famoso «Popopopò», che pare un «Popopopò» una cazzata) buono per la Siae ma che un Pippo Baudo - giusto per fare un esempio - non avrebbe mai piazzato in coda, per non far tracollare gli ascolti e passare ancora qualche zombie di spettatore al «Dopofestival».

Tolte le eliminazioni (altro grosso errore), resta per ora un Sanremo pulito, elegante, qualitativamente nella media.
Mi è piaciuto il brano di Annalisa Scarrone, che quando azzecca il pezzo è inarrestabile; mi aspettavo molto di più da Ron con il brano di Lucio Dalla (che se fosse stato un capolavoro l'avrebbe cantato personalmente), ma la notizia vera è che Rosalino ha smesso di farsi la tinta. C'è già polemica intanto su Ermal Meta e Fabrizio Moro, che rischiano la squalifica perché cantano un pezzo molto simile a quello (già pubblicato) dell'autore della loro canzone in gara. Red Canzian stupisce con un bel rockettone fuori dalla logica Pooh, mentre Fogli e Facchinetti si impastano un po' ma la canzoncina è gradevole. E se Noemi canta la lagna del Millennio, arriva Lo stato sociale (col balletto dell'anziana snodabile) a collocarsi in zona Gabbani, come ha scritto qualcuno.

I Decibel hanno una poesia raffinata con echi Anni 70, che passerà quasi inosservata a Sanremo ma fuori farà la sua figura, e peccato per «Arrivedorci», la sciapa, malinconica canzoncina d'addio di Elio e le Storie Tese. Sulla cui presenza aleggia un gigantesco: «Perché lo fai?» di masiniana memoria.


domenica 4 febbraio 2018

«THE POST» * L'ORGOGLIO AMERICANO DELLA LIBERTA' DI STAMPA E D'ESPRESSIONE

Meryl Streep e Tom Hanks in «The Post».
1971. Sorpresa: vuoi vendere che sul Vietnam un numero imprecisato di Presidenti ci ha mentito? Vuoi vedere che abbiamo mandato a morire milioni di ragazzi americani in una guerra senza speranza, con il 70% di probabilità di sconfitta, e che la stiamo portando avanti solo per orgoglio? Ma figurati, non ci credo. Come no, c'è scritto in uno studio top secret di 7000 pagine realizzato da McNamara per il Dipartimento della Difesa. Io sono il «New York Times», una talpa me ne ha data qualche pagina e la pubblico. Io il «Washington Post», più piccolo ma coraggioso, e ne ho ben 4000. Se le stampo però scoppia l'inferno. Già, allora che cosa faccio?

Primo tempo davvero troppo lento. Nel secondo inizia a carburare. È l'America che si autoesalta vivendo l'orgoglio dei valori condivisi della libertà di stampa e d'espressione (da noi succedono altre cose incredibili e le notizie magari c'è l'orgoglio di non darle). 
Hanks fa il direttore tutto d'un pezzo, la Streep una sciuretta che tira fuori gli attributi e che è il cuore vero del film, l'editore coraggioso che rischia tutto. Bella la ricostruzione dei fatti, secondo lo stile di Spielberg, magico il rumore delle vecchie tipografie e delle rotative. 
Pompato troppo a mio avviso rispetto al valore reale, non tanto civile ma cinematografico, eppure onestissimo. 
VOTO: 7/8

giovedì 1 febbraio 2018

VINCENZO MOLLICA VA IN PENSIONE? FORSE SI', FORSE NO, MA ECCO COME LA DEFINIREBBE LUI

Claudio Baglioni (conduttore-organizzatore del prossimo Festival di Sanremo) insieme con il giornalista Vincenzo Mollica
Il collega Vincenzo Mollica, storico - e senza dubbio capace - giornalista di spettacolo del Tg1, va in pensione. A quanto pare, perché sono circolate anche smentite. Del resto è ancora nel fiore degli anni, quindi, perché lasciare il trono vacante?

Comunque sia, se fosse, sono sicuro che lui (perdonate l'apologetico volo pindarico) la definirebbe così: «Mi accingo a entrare, fra lustrini e paillettes, in uno straordinario periodo della mia vita che cercherò di trascorrere e raccontare con inusitata levità. Non avrei mai immaginato che il collocamento in quiescenza potesse risvegliare in me tanti e sopiti ardori, e che la generosa mamma Rai potesse essere così benevola nei miei confronti, corrispondendomi persino tutti gli emolumenti di fine rapporto ai quali pure avevo diritto, ma che oggidì non possono sempre essere dati per scontati. Nel corso della mia carriera ho cercato di interfacciarmi con i grandi (a volte immensi, a volte indimenticabili, a volte irripetibili, comunque l'avrete intuito: mai scarsi) artisti che ho incontrato con un approccio sempre sobrio, che sarà parso ad alcuni amichevole, ma mai troppo sbilanciato. Proprio perché decantarne la grandezza era mio compito e piacere assoluto. Ora inizia un nuovo, luminoso percorso, che affronterò con altrettanta sobrietà, ringraziando già da ora l'immarcescibile Inpgi, l'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, per la sua munifica e comprovata lungimiranza. Sempre vostro, Vincenzo Mollica».


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